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28 Marzo 2024 23:18
28 Marzo 2024 23:18

Perquisizioni e sequestri nelle sedi di ArcelorMittal. Tra le accuse anche la “omessa dichiarazione dei redditi”

L’intervento delle Fiamme Gialle è stato disposto Procura della repubblica di Taranto nell’ambito dell’inchiesta gestita direttamente dal procuratore capo Capristo affiancato dall'aggiunto Carbone ed dal pm Mariano Buccoliero, avviata dopo l’esposto presentato dai commissari dell’ex Ilva

ROMA – Perquisizioni e sequestri documentali sono in corso negli uffici di Taranto di Arcelor Mittal Italia da parte dei finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza, guidati dal tenente colonnello Marco Antonucci, a seguito della disposizione emanata dalla Procura della repubblica di Taranto,  nell’ambito dell’inchiesta avviata dopo l’esposto presentato dall’ Avv. Angelo Loreto su delega dei commissari dell’ex Ilva in Amministrazione Straordinaria  . A Milano le Fiamme Gialle stanno effettuando acquisizioni documentali negli uffici milanesi della società controllata dal gruppo franco indiano quotato alla Borsa di Amsterdam. E nella lista dei reati contestati ne spunta un altro: omessa dichiarazione dei redditi.

Il fascicolo d’indagine è gestito direttamente dal procuratore capo Carlo Maria Capristo affiancato dall’aggiunto Maurizio Carbone e dal pm Mariano Buccoliero,  indagano per appropriazione indebita e distruzione dei mezzi di produzione. Un altro filone delle indagini è invece nelle mani della procura di Milano, che indaga invece per “false comunicazioni al mercato“, “distrazione di beni da fallimento” e sta valutando anche l’ipotesi di eventuali reati tributari.

Tra i documenti contabili che la Guardia di Finanza di Taranto sta acquisendo  anche in forma digitale, vi sono quelli che riguardano l’acquisto delle materie prime e la vendita dei prodotti finiti, considerando le ingenti perdite segnalate dalla multinazionale rispetto alla gestione commissariale.

Il filone della Procura di Taranto

L’indagine della Procura di Taranto in cui si ipotizzano i reati di “Distruzione di mezzi di produzione” e “Appropriazione indebita”, sfociata oggi in una ispezione della Guardia di Finanza (con acquisizione di documenti) negli uffici dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto, punta ad appurare se sia in corso o meno un “depauperamento” del ramo d’azienda che la multinazionale franco-indiana vuole retrocedere.

Nel ricorso presentato dai commissari di Ilva in Amministrazione Straordinaria si evidenzia che la situazione di impianti, magazzini e portafoglio clienti non è più uguale a quella di quando il polo siderurgico è stato consegnato ad ArcelorMittal Italia. Le modalità affrettate di restituzione rischiano di causare danni irreparabili al ciclo produttivo e di distruggere l’azienda, anche se proprio ieri sera la multinazionale ha comunicato la sospensione della procedura di fermata degli impianti in attesa della sentenza del Tribunale di Milano. Le verifiche degli inquirenti riguardano anche le comunicazioni date dall’azienda a partire dallo scorso 4 novembre e l’impatto che possono aver avuto sull’andamento del mercato internazionale dell’acciaio.

L’indagine della Procura di Milano

C’è anche la contestazione di omessa dichiarazione dei redditi tra quelle contestate dalla Procura di Milano nell’ambito dell’indagine aperta venerdì scorso su ArcelorMittal e il suo tentativo di sciogliere il contratto di affitto dell’ex Ilva.  Finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, si sono presentanti oggi a metà mattinata in via Brenta, negli uffici di AmInvestco, la società utilizzata dal gruppo ArcelorMittal per l’affitto di Ilva, con un decreto di sequestro e stanno effettuando non solo acquisizioni ma anche perquisizioni con i sequestri di documenti e supporti informatici. Acquisizioni sono in corso anche nella sede di Ilva in A.S. in viale Certosa nel capoluogo lombardo.

Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici, nel fascicolo aperto nei giorni scorsi, contestano presunte false comunicazioni al mercato, ossia l’aggiotaggio informativo, e anche il reato previsto dall’articolo 232 della legge fallimentare, ossia la distrazione di beni e risorse senza il concorso del fallito e dopo un fallimento, quello in questo caso che ha riguardato l’ILVA negli anni scorsi.  La legge, infatti, punisce “con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, dopo la dichiarazione di fallimento, fuori dei casi di concorso in bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni del fallito”. In sostanza, gli inquirenti puntano a verificare se dirigenti e manager del gruppo con le loro condotte abbiano sottratto e distratto beni e risorse dall’ILVA fallita, dopo che hanno iniziato a gestirla col contratto d’affitto, contratto da cui hanno chiesto di recedere dando anche l’avvio alla causa civile.

La contestazione di aggiotaggio informativo, invece, si concentra su alcuni comunicati stampa diffusi da ArcelorMittal e che avrebbe comprato degli effetti sul mercato azionario, ed anche in questo caso sui mercati esteri essendo la capogruppo dell’azienda franco indiana quotata Borsa di Amsterdam. Intanto, nell’ufficio del pm Civardi gli inquirenti stanno ascoltando persone informate sui fatti, proseguendo l’attività già iniziata ieri con l’ascolto di dirigenti dell’amministrazione straordinaria dell’ex ILVA.

La notizia delle perquisizioni è stata confermata da ArcelorMittal. “L’azienda – si legge in una nota – conferma la presenza della Guardia di Finanza negli uffici di Milano e nello stabilimento di Taranto di ArcelorMittal Italia e sta collaborando fornendo le informazioni richieste“.

Tutto quanto adesso è al vaglio degli investigatori della Guardia di Finanza e già nelle prossime ore potrebbero arrivare dei clamorosi risvolti. A partire dal far chiarezza sull’eventuale rapporto intercorso di consulenza-collaborazione fra l’attuale Ad di Arcelor Mittal Italia, Lucia Morselli ed il leader del M5S Luigi Di Maio quando quest’ultimo ricopriva il triplice incarico di vicepremier, ministro dello Sviluppo Economico e ministro del lavoro nel 1° Governo Conte.

 

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