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19 Marzo 2024 07:21
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L’analisi della Corte dei Conti sul triennio 2013-2015 del Porto di Taranto. Ma Prete è sempre lì…

Nonostante lo "sfascio" del Porto di Taranto, che rappresenta un esempio di malagestione l' avv. Prete ha trovato gioco facile nell’ottenere la riconferma, grazie anche alla regia ed il sostegno ricevuto dietro le quinte dai “baresi” Michele Emiliano ed Antonio Decaro, sicuramente più forti ed “influenti” a Roma, degli attuali deputati del Pd tarantino Michele Pelillo e Ludovico Vico.
Sergio Prete

ROMA – La relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Autorità Portuale di Taranto pubblicato alla fine dello scorso mese di febbraio 2017  della Corte dei Conti, che ha acceso i riflettori sulla disastrosa gestione economica e finanziaria dell’Autorità Portuale di Taranto relativamente agli esercizi 2013, 2014 e 2015, mettendo in luce i risultati negativi della gestione per l’ (ex) ed attuale presidente dell’ Autorità Portuale Avv. Sergio Prete, che dovrebbe indurre  lettori, gli operatori a chiedersi: ma dopo tutti questi guai di una gestione che i numeri dicono essere stata poco capace ed efficiente, come mai l’ Avv. Prete è stato riconfermato? Prima di andarvi a spiegare il “dietro le quinte”, andiamo a leggere i numeri accertati dalla Corte dei Conti.

Il traffico complessivo delle merci,  prevalentemente costituito da merci solide, è  diminuito in maniera esponenziale scendendo dalle  34,9 milioni di tonnellate nel 2012,  ai 22,6 milioni nel 2015, secondo la magistratura contabile “anche in conseguenza delle vicende legate allo stabilimento siderurgico dell’Ilva“.  Secondo i dati presenti sul sito ufficiale dell’Authority, il primo trimestre del 2017 si è chiuso con un traffico di 5,6 milioni di tonnellate di merci, in calo del –3,4%  rispetto ai  primi tre mesi del 2016. La diminuzione complessiva del traffico è stata soprattutto determinata dalla flessione del -11,1% delle rinfuse solide che si sono attestate a 3,0 milioni di tonnellate. Unico aumento per le rinfuse liquide , che hanno totalizzato quasi 1,3 milioni di tonnellate (+4,2%), con una crescita più accentuata registrata dalle merci varie che sono salite del +10,6% a 1,3 milioni di tonnellate.

Il traffico passeggeri risulta pressoché irrilevante, cioè inesistente. Ed i numeri sbandierati su un presunto miglioramento generale delle movimentazioni portuali a Taranto nelle varie conferenze dall’ Avv. Sergio Prete nascondono delle verità tragico-comiche sotto il punto di vista gestionale-occupazionale , che come sempre vengono ripetutamente “incappucciate”, cioè camuffate.

Il risultato finanziario della gestione portuale tarantina si mostra deficitario, essendo passata da un utile di 23,5 milioni di euro conseguito nel 2012 e di 13,5 milioni nel 2013, ad delle perdite secche di 11,6 milioni nel 2014 e di 25,5 milioni nel 2015, che vengono attribuite a “scostamenti attribuibili sostanzialmente alla gestione in conto capitale“. L’avanzo di amministrazione complessivo scende  continuamente e progressivamente dai 192,8 milioni nel 2013 a 181,1 nel 2014 e a 155,2 milioni nel 2015 considerata la mole rilevante di residui, “con particolare riguardo a quelli passivi si raccomanda di monitorare con attenzione la sussistenza del titolo giuridico per il loro mantenimento in bilancio“.

L’ avv. Prete ed i suoi comunicatori occulti (l’ Autorità peraltro comunica senza rispettare la Legge 150 nell’indifferenza silente-complice della Procura della Repubblica jonica  e dell’ Ordine dei Giornalisti di Puglia ) sbandierano ai quattro venti che il  risultato economico in tutto il periodo analizzato rimane positivo , scendendo dai 19,5 milioni del 2012 agli 11 milioni del 2013, ai 14,3 del 2014 e quasi a dimezzarsi con i 10,2 del 2015. Ma la Corte dei Conti nella sua relazione-analisi , spiega che in realtà quell’utile del risultato economico in realtà proviene  dal ridimensionamento del valore della produzione, ovvero principalmente dalla diminuzione del traffico merci, mentre rimangono pressoché costanti i costi fissi.

nella foto il Porto di Taranto vuoto

Gli utili determinano un incremento progressivo del patrimonio netto che passa dai 198 milioni del 2012 ai 211 del 2013, ai 225 del 2014 e ai 235,2 milioni di euro del 2015.  Nell’ambito delle entrate, i canoni concessori risentono peraltro della liquidazione di una società titolare di concessione demaniale.

Mentre per garantire la solidarietà sociale ai lavoratori ex-TCT che hanno perso il posto di lavoro a causa dei ritardi prolungati da parte dell’ Autorità Portuale di Taranto, di adeguamento della banchina, è dovuto intervenire il Governo, sul fronte delle spese, crescono contro tendenza quelle per il “personale” dell’ Autorità Portuale , partendo dai 3,1 milioni del 2013 rispetto ai 3,7 milioni del 2015, un aumento dovuto all’assunzione di personale per fare cosa resta un mistero ! Mentre il costo unitario medio del personale progressivamente calava , da 91,4 migliaia di euro del 2012,  a 89,6 nel 2013, a 79mila euro  nel 2014, ecco all’improvviso nel 2015 è risalito a 84,2 .

I numeri dell’ Autorità Portuale di Taranto. Il patrimonio netto nel triennio 2013-2015, riporta un incremento passando dai 210,5 milioni del 2013 ai 235,2 nel 2015, grazie e per effetto degli avanzi economici costanti. Anche il risultato totale delle attività segnala un incremento, passando dai 569,1 milioni nel 2013 ai 748,2 nel 2015. Ma questo incremento è prevalentemente generato all’aumento delle immobilizzazioni conseguenti agli investimenti strutturali posti in essere. La posta principale di bilancio è composta dalle immobilizzazioni immateriali, i cui valori sono riferititi alle manutenzioni straordinarie, cioè alle migliorie realizzate nell’area portuale, principalmente su beni demaniali, nonché agli investimenti realizzati. Poste di bilancio queste che segnalano un andamento crescente, raggiungendo nel 2015 322,2 milioni di euro . Invariate sino al 2014 le immobilizzazioni materiali, che raggiungono 20,9 milioni nel 2015 , riferibili agli investimenti in corso d’opera. Un notevole decremento è rappresentato dalle immobilizzazioni finanziarie scese da 128.080 euro nel 2012 ad appena 5.580 euro nel 2015, da collegare alle vicende relative alle società partecipate che sono state poste in liquidazione.

Le partecipazioni dell’ Autorità portuale.  Sono due. La prima, il famoso consorzio Distripark società consortile a responsabilità limitata, costituito nel 2002 con lo scopo sociale di “fornire supporto ai servizi ferroviari“. Il valore riportato in bilancio riferito a tale società, iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale dell’ Autorità Portuale di Taranto, alla voce “immobilizzazioni finanziarie”, nel 2012 è stato di  125.000 euro; l’anno successivo (nel 2013)  pari a zero a seguito della sua svalutazione totale, e pari ad euro 2.500 nel 2014, a seguito della ricostituzione obbligatoria prevista per legge del capitale sociale di euro 10.000. Il Consorzio Distripark è stato finalmente posto in liquidazione 16/11/2015  anche se il presidente dell’ Autorità Portuale di Taranto ha provato di riesumarla cercando di inserirla nei finanziamenti governativi previsti dal Tavolo Istituzionale Permanente per l’area di Taranto. Di questo consorzio è difficile reperire documenti e numeri in quanto non sono mai stati pubblicati sul sito internet contrariamente a quanto prevede la Legge sulla trasparenza. Ma anche in questo caso la Procura di Taranto da anni dorme sonni profondi….

La seconda delle partecipazioni dell‘ Autorità portuale , è quella del Consorzio Attività Formative Porto di Taranto a.r.l., costituita nel 2000 con lo scopo sociale della “formazione di personale”. Il valore iscritto nello stato patrimoniale dell’ Autorità portuale di Taranto è risultato pari a  3.080  euro nel periodo considerato, venendo posta in liquidazione il 26/11/2012 .

Corte dei Conti_porto di taranto

I magistrati contabili della Corte dei Conti, segnalano fra le critiche, il fondo rischi ed oneri, dive non risultano in bilancio appostazioni a riserva, pur in presenza di un considerevole contenzioso giudiziario e quindi  “questa Corte pertanto, non può non rilevare la necessità di un adeguato accantonamento per spese legate ai contenziosi” . Così come non si può non evidenziare quanto contenuto nel Piano Regolatore Portuale, cioè il documento di pianificazione-previsione  delle opere necessarie fondamentale per l’assetto funzionale del porto, e nello  stesso tempo lo strumento di raccordo con gli altri documenti di pianificazione territoriali e nazionali.

Viene evidenziata la temporalità del Piano Regolatore Portuale  di Taranto che venne adottato nel novembre 2007 dal Comitato Portuale e successivamente  è stato sottoposto alla procedura di VIA (Valutazione Ambientale Strategica) nel 2011 dopo il  parere favorevole espresso il 24.3.2010  dal Consiglio superiore dei lavori pubblici . La Regione Puglia ha espresso il  6 aprile 2012, il proprio parere favorevole, con prescrizioni alla Valutazione Ambientale Strategica del nuovo PRP. La Giunta Regionale pugliese concluse la procedura di valutazione della variante con Determinazione n. 78 del 6.4.2012 ed espresse valutazione positiva di compatibilità paesaggistica con propria deliberazione n. 1918 del 15.10.2013.

La Corte dei Conti ha ricordato anche, sulla vergognosa vicenda “Tempa Rossa” come il Comune di Taranto, in intesa con l’Autorità Portuale di Taranto (il cui presidente Sergio Prete all’atto del suo 1° mandato era stato indicato proprio dal Sindaco di Taranto Ippazio Stefàno)  aveva avviato il procedimento per la variante al Piano regolatore generale, diretta al riconoscimento delle previsioni del Piano regolatore portuale, così  come deciso e deliberato nelle delibere (vedi Deliberazioni del Consiglio n. 116 del 2006 e n. 41 del 2007) di adozione dell’intesa raggiunta .  Il Consiglio comunale di Taranto , con delibera n. 123 del 5.11.2014, aveva  approvato ed  adottato successivamente una variante  senza l’esclusione dell’allungamento del pontile petroli dell’ Eni (di ulteriori 325 metri sugli attuali 700 come peraltro previsto dalla famosa delibera approvata nel lontano 2005), cioè “con esclusione delle opere che interessano gli interventi contemplati nell’area denominata “Tempa Rossa” (prolungamento del pontile petroli, serbatoi ed ogni altra opera relativa), con conseguente revisione dell’Atto di intesa di cui alle delibere comunali precedenti“.

Contro questo provvedimento vi erano erano state state contestazioni da parte di diversi soggetti che erano sconfinate in un contenzioso in sede giurisdizionale amministrativa. infatti due compagnie petrolifere hanno impugnato dinnanzi al TAR di Lecce la sopracitata delibera 123/2014, ricorso accolto dal TAR con sentenze nn. 2132/2015 e 2133/2015 che hanno annullato la delibera del Consiglio comunale n. 123 del 2014, proprio  nella parte in cui il Consiglio Comunale di Taranto aveva escluso dalla variante al Piano Regolatore di Taranto le opere relative al progetto “Tempa Rossa”, costringendo il Consiglio Comunale di Taranto a deliberare (n. 5 del 25.1.2016), per recepire e prendere atto delle sentenze del TAR, e conseguentemente attuare definitivamente la variante al PRG comunale “finalizzata al riconoscimento dell’ambito del Piano Regolatore del Porto di Taranto e alla riqualificazione delle aree contermini secondo gli elaborati progettuali allegati alla Delibera di Consiglio Comunale del 5 novembre 2014 n. 123“, trasmettendo quindi il PRG variato e il PRP alla Regione Puglia ai fini della loro definitiva approvazione, di cui si è ancora in attesa.

Il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano in un’intervista ( di cui abbiamo una registrazione audio) rilasciata al nostro Direttore , ha espresso il proprio parere favorevole, condizionato al raggiungimento di un accordo che preveda delle royalties  da parte delle compagnie petrolifere attive nel “progetto Tempa Rossa“, anche  per la Regione Puglia così come era stato definito precedentemente con la Regione Basilicata.

La Corte dei Conti infine segnala che dal 10 novembre 2016 l’Autorità portuale di Taranto è diventata Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio e risulta nominato con decreto ministeriale  n. 362 dell’8 novembre 2016, quale Presidente,  il precedente Commissario straordinario Sergio Prete, il presidente della precedente Autorità Portuale, cioè “responsabile” dello svuotamento e fuga da Taranto di ogni attività di business portuale degna di essere chiamata tale.

Sulla malagestione del Porto di Taranto si è espresso recentemente anche un osservatore sicuramente qualificato come il prof. Romano Prodi, che intervistato dal quotidiano La Repubblica, la scorsa settimana ha detto una sacrosanta verità. Eccola:

Con chiunque si parli, infatti, al di fuori della città di Taranto ed estranei dal giro degli “amici degli amici” del ministro dei trasporti Delrio, sono tutti increduli che il vertice “responsabile” della fuga da Taranto degli operatori portuali e del traffico merci e container, sia stato riconfermato. Ma capirlo è molto facile. Infatti l’ avv. Prete ha trovato gioco facile nell’ottenere la riconferma, grazie anche alla regia ed il sostegno dietro le quinte ricevuto dai “baresi” Emiliano e Decaro, sicuramente più forti ed “influenti” a Roma , degli attuali deputati del Pd tarantino Michele Pelillo e Ludovico Vico.

Ai baresi infatti non importava nulla del porto di Taranto, essendo riusciti ad ottenere la seconda (ma in realtà diventata la prima per influenza, fatturato e numeri) autorità portuale pugliese a Bari, annettendo a sè subito dopo l’Autorità Portuale di Brindisi che portava in dote un’importante mole di  traffico passeggeri e merci, sottraendola alla possibile fusione con l’ Autorità Portuale di Taranto.

Ma tutto questo sui giornali pugliesi non lo leggerete mai. Chiedetevi il perchè….

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