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20 Aprile 2024 14:20
20 Aprile 2024 14:20

Indagini sui finanziamenti milionari della Regione Puglia alla Ladisa Ristorazione

Nel fascicolo a carico del governatore e del suo capo di gabinetto sbuca il maxi finanziamento al colosso barese della ristorazione che avrebbe pagato la campagna elettorale di Emiliano per le primarie del PD
Non è un buon momento per il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sopratutto dal lato giudiziario, dopo aver ricevuto un avviso di proroga delle indagini preliminari nell’ambito dell’ inchiesta sulla nomina di Francesco Spina, ex sindaco di Bisceglie, a consigliere di amministrazione dell’agenzia regionale Innovapuglia. con un compenso da 20mila euro l’anno.
 
Al centro della prima inchiesta che  ha coinvolto il governatore Michele Emiliano indagato ad aprile per “abuso d’ufficio” e “induzione indebita a dare o promettere utilità“, reato questo contestato anche al capo di gabinetto del presidente della giunta, Claudio Stefanazzi, e agli imprenditori Vito Ladisa (della società Ladisa di Bari) Giacomo Mescia (della società Margherita di Foggia)  e Pietro Dotti, titolare dell’agenzia di comunicazione pubblicitaria Eggers di Torino.
 
Il punto di partenza da cui sono state avviate le verifiche è quella dei presunti illeciti nel finanziamento della campagna elettorale per le primarie del Pd nel 2017, in cui Michele Emiliano sfidò Matteo Renzi e Andrea Orlando nella corsa per la segreteria nazionale. La creatività della sua campagna di comunicazione del costo 64 mila euro venne affidata alla società Eggers di Torino, di proprietà dell’imprenditore pubblicitario Pietro Dotti, il cui intervento ed operato venne contestato dal governatore pugliese che probabilmente cercava un alibi alla figuraccia fatta alle primarie.
 
 
Chiaramente l’agenzia Eggers voleva essere pagata per il suo lavoro , mentre Emiliano non voleva pagare, e per questo motivo Pietro Dotti ottenne dal Tribunale un decreto ingiuntivo nei confronti di Emiliano, come lo stesso imprenditore torinese ha confermato e documentato in un interrogatorio subito dopo le perquisizioni di aprile. Il debito di Emiliano secondo la Procura  venne saldato per 59 mila proprio dalla Ladisa per 24 mila euro dalla Margherita di Mescia.
 
E’ proprio per quella fattura della società Eggers, che  Ladisa afferma invece di avere pagato per una propria campagna di comunicazione, costituirebbe la chiave di volta per accertare se i rapporti fra il Presidente della Regione Puglia e l’imprenditore barese di fatto siano il corrispettivo di un accordo . Gli investigatori ipotizzano che mentre Ladisa avrebbe estinto il debito personale di Michele Emiliano ,  in cambio la Regione avrebbe garantito sostegno finanziario con fondi “pubblici” , grazie all’acquisizione di commesse pubbliche  che nell’erogazione di contributi e finanziamenti pubblici.
 

La Ladisa era una delle aziende candidate all’ aggiudicazione del mega-appalto per le mense ospedaliere del valore complessivo di 260 milioni di euro , successivamente bloccato e provvisoriamente sostituito con gare ponte delle singole Asl. Non è un caso che nel decreto di perquisizione eseguito lo scorso 9 aprile, la Procura della Repubblica avesse dato ampio mandato alle Fiamme Gialle di cercare in casa di Vito Ladisa e nella sede aziendale anche documenti relativi “ai procedimenti amministrativi svolti o in corso di svolgimento e all’emissione, da parte della Regione, anche di finanziamenti e contributi“. Pochi mesi dopo la campagna per le primarie del Pd, grazie a una delibera della giunta regionale approvata su proposta del presidente il 5 aprile 2018 arrivarono all’azienda non pochi contributi e finanziamenti.

La  Guardia di Finanza ha acquisito  dal Dipartimento Sviluppo Economico della Regione Puglia il documento  che diede il semaforo verde al finanziamento da 12 milioni di euro con fondi Por Fesr per il “progetto RE-Star” della Ladisa nella zona industriale di Bari , che riguardava la “ristorazione 4.0”, con un investimento da 27 milioni, 12 dei quali di fondi europei .
 
 
L’indagine è condotta dalla Guardia di Finanza di Bari, coordinata dal procuratore aggiunto Giorgio Lino Bruno e dalla pm Savina Toscani con la supervisione del procuratore capo Giuseppe Volpe, che ha avocato a sé il fascicolo sulla fuga di notizie, che grazie ad una soffiata di uno dei tanti giornalisti baresi suoi “sodali”, consentì a Emiliano l’ 8 aprile scorso di conoscere  in anticipo della imminente perquisizione, che era stata programmata per l’11 aprile.
 
 
 
 
 
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