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19 Aprile 2024 01:51
19 Aprile 2024 01:51

Inchiesta della Procura di Roma sulla foto “rubata”in caserma

Nella fotografia che è stata scattata da un’angolazione particolare interna della caserma dei Carabinieri, l’indagato ha intorno dei militari ed è fermo in attesa che qualcuno gli faccia delle domande. Lo si vede con le mani legate dietro la schiena ed una benda che gli copre gli occhi. Una foto che ha mandato letteralmente in bestia i vertici dell’Arma, che hanno immediatamente avviato l’indagine per accertare da chi fosse partito l’ordine di bendare l'indagato americano.

ROMA – Il  Comando generale dei Carabinieri dopo aver appreso che, durante la giornata di indagini e di interrogatori, qualche carabiniere faceva circolare su whatspp delle foto  che non avrebbero mai dovuto essere scattate e sopratutto fatte circolare, ha aperto un’inchiesta interna con l’intento di fare chiarezza al più presto. Un particolare una delle foto circolanti fra i Carabinieri di Roma che ritrae Christian Gabriel Natale Hjorth, il giovane statunitense arrestato per concorso in omicidio, furto e tentata estorsione, mentre viene sottoposto a interrogatorio.

Nella fotografia che è stata scattata da un’angolazione particolare interna della caserma dei Carabinieri, l’indagato ha intorno dei militari ed è fermo in attesa che qualcuno gli faccia delle domande. Lo si vede con le mani legate dietro la schiena ed una benda che gli copre gli occhi. Una foto che ha mandato letteralmente in bestia i vertici dell’Arma, che hanno immediatamente avviato l’indagine per accertare da chi fosse partito l’ordine di bendare l’indagato americano.

Gli accertamenti hanno avuto chiaramente le primi riposte, perché si è accertato da chi sia partita la decisione, anche se ancora non è stato scoperto chi sia stato a diffondere l’immagine. Al Comando Generale dell’ Arma di viale Romania, vogliono arrivare sino in fondo ed hanno inviato un rapporto sulla vicenda al procuratore aggiunto Michele Prestipino (attuale Procuratore capo di Roma facente funzione) il quale ha aperto un fascicolo di inchiesta.

 

Il militare che ha preso la decisione di bendare l’indagato si è cosi giustificato con i suoi vertici “Abbiamo deciso di mettere la benda perché sui monitor che c’erano nella stanza, scorrevano delle immagini e dei dati importanti per altre inchieste, e l’indagato non doveva vederle. Le manette e le mani dietro la schiena, invece, le abbiamo dovute mettere perché temevamo che potesse darsi alla fuga“.

Una vicenda questa che non finisce qui  perché durante la giornata che è seguita all’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, qualche altro carabiniere ha mal pensato di generare confusione ed ha fatto circolare delle fotosegnaletiche di quattro presunti spacciatori, tre marocchini e un algerino che erano entrati e subito dopo usciti dalle indagini,  in quanto almeno fino a questo momento non avevano nulla a che vedere con l’omicidio, immagini che sono stati diffusi anche su un profilo social di Facebook di un carabiniere e  di un agente della Guardia di Finanza, che ha esposto le foto dei presunti colpevoli sulla sua pagina Facebook da oltre 6mila follower. A lato una delle schede segnaletiche apparse sul web (l’immagine originale non conteneva censura n.d.r.)

Anche il Comando Generale della Guardia di Finanza ha confermato al CORRIERE DEL GIORNO  di aver avviato immediatamente i dovuti “urgenti approfondimenti sulla vicenda” e che eventuali responsabilità saranno poi trasmesse e rese note all’Autorità Giudiziaria competente.

Com’è nata la “fake news”

Fin dalla mattinata di venerdì si inizia a parlare di “caccia a due nordafricani”, per via di un titolo infelice del quotidiano Il Messaggero – successivamente modificato senza però alcuna traccia di rettifica all’interno dell’articolo – che è stata immediatamente rilanciato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, che nel suo post su Facebook auspica “lavori forzati” per gli autori del delitto. In un articolo successivo il Messaggero fornirà un identikit più preciso dei ricercati, descrivendo uno dei due come “alto 1.80 e con le meches”.

La pagina di “Puntato” è ritenuta una fonte piuttosto affidabile, non solo perché è l’account ufficiale di una app privata ma agganciata al sito della Polizia e dunque utilizzata dalle forze dell’ordine per, citando il sito web ufficiale dell’azienda, “fare controlli speditivi del veicolo e redigere verbali”, ma soprattutto perché è amministrata da due carabinieri attualmente in servizio.

La notizia viene riportata da molti organi d’informazione, da Repubblica a SkyTg 24, ma all’ora di pranzo non arriva ancora alcuna conferma ufficiale. Alle 12.47, la svolta. La pagina Facebook Puntato, L’App degli Operatori di Polizia annuncia la cattura di quattro nordafricani, “tre cittadini di origini marocchine e uno di origini algerine”, con tanto di foto segnaletiche e occhi coperti per tutelarne la privacy. Si tratta naturalmente di una “fake news, che resta online per un lasso limitato di tempo, ma tanto basta a scatenare il web.

Nel giro di pochissimo tempo, su Twitter spuntano le schede segnaletiche dei quattro presunti sospetti, documenti questi “riservati” e non oscurati – teoricamente nelle mani dell’Arma dei Carabinieri – che riportano nome, cognome, fotografia e persino informazioni relative a domicilio e genitori degli uomini. Uno degli utenti che per primo ha postato le immagini – per poi cancellarle – ha rivelato di averle trovate su Portale Difesa, un aggregatore di notizie sulle forze armate dotato di forum e gruppo chiuso su Facebook.

A dare la definitiva visibilità alla “fake news” ci ha però pensato una pagina Facebook chiamata “Soli non siamo nulla. UNITI Saremo TUTTO”, (attualmente oscurata e non raggiungibile) che ha ripubblicato la foto messa in giro da Puntato, accompagnandola con la didascalia “Ora lasciateli a noi colleghi ed al popolo, faremo noi giustizia”. Prima di essere cancellato, il post è rimasto online per sei ore, ottenendo quasi 5mila condivisioni. Unico amministratore della pagina – come tiene a rivendicare nella sezione informazioni del suo profilo – è V. G., da 27 anni agente della Guardia di Finanza e con un breve passato in politica, da candidato di una lista civica in lizza per le comunali di Monte Romano, in provincia di Viterbo. La sua pagina Facebook è costellata di riferimenti espliciti alla destra estrema e al fascismo, tra i quali spiccano una bandiera di Casapound accompagnata dallo slogan #NoIusSolidiverse immagini di Benito Mussolini.

Dal Comando generale di viale Romania non vogliono dare spazio ad equivoci e polemiche ed hanno diffuso ieri un comunicato: “Il Comando Generale dell’Arma prende fermamente le distanze dallo scatto e dalla divulgazione di foto di persone ristrette per l’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. Il Comando Provinciale di Roma sta svolgendo con la massima tempestività accertamenti diretti a individuare i responsabili“.

Una vera e propria controinformazione che ha fatto pensare che qualcuno remasse contro l’inchiesta, considerata in particolar modo il momento particolare che l’Arma dei Carabinieri sta passando in queste ore, a seguito dell’omicidio improvviso di un giovane carabiniere, servitore dello Stato. Adesso qualcuno per timore di conseguenze penali e disciplinari sostiene che, in realtà, le foto sono circolate solo per far capire quello che stava succedendo, mentre in realtà hanno soltanto rischiato di danneggiare gli accertamenti e probabilmente ci saranno delle pesanti conseguenze su chi le ha diffuse. Come è giusto che accada.

Nel frattempo l’ Arma dei Carabinieri ha reso noto attraverso il proprio Ufficio per l’Assistenza ed il Benessere del Personale  ai propri Comandi, Compagnie e Stazioni, come informare tutti i cittadini che chiedono di poter manifestare la propria solidarietà alla moglie del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. 

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