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28 Marzo 2024 22:18
28 Marzo 2024 22:18

Il vicecomandante dei Carabinieri del Noe accusato di depistaggio sull’inchiesta Consip

La vicenda che riguarda il pm napoletano è arrivato davanti al plenum del Csm per iniziativa del pg della Cassazione Pasquale Ciccolo, titolare insieme al Ministro di Giustizia dell’azione disciplinare verso i magistrati, che ha contestato al pm Woodcock una sua intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica in difesa del capitano del No

ROMA – Ancora una volta il Noe nel mirino della Procura di Roma  che accusa  il colonnello Alessandro Sessa, vice comandante del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri, indagandolo con la pesante accusa di “depistaggio“, per aver di fatto dichiarato circostanze inesatte quando  venne sentito dai magistrati romani lo scorso maggio in veste di “persona informata sui fatti” , reato che prevede una pena massima di 8 anni di carcere.

Il colonnello Alessandro Sessa è stato interrogato questo pomeriggio, accompagnato dal suo difensore Avv. Luca Petrucci , dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Mario Palazzi . All’atto istruttorio è presente anche il procuratore capo Giuseppe Pignatone. Precedentemente è stato  ascoltato Gianpaolo Scafarto il capitano dei Carabinieri del Noe che ha condotto le indagini del caso Consip  , al quale vengono contestati due falsi contenuti nell’informativa conclusiva e numerosi altri errori e omissioni. Prima di lui i magistrati hanno sentito ancora una volta Scafarto sulla famosa informativa che secondo i pm presenta dei punti ancora poco chiari.

Il vice comandante del NOE, era già stato sentito come “persona informata sui fatti” per la vicenda che riguarda il capitano Giampaolo Scafarto, accusato di “falso” per una serie di omissioni in una delle informative a sua firma depositate in procura. I falsi contestati dei pm romani sono due . Il primo “falso” attribuito, è relativo  ad aver attribuito una frase  all’imprenditore napoletano Alfredo Romeo arrestato per corruzione lo scorso 1 marzo,  su un incontro avvenuto con Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo,  accusato di “traffico di influenze”. Soltanto che  quella frase, come era  correttamente riportato nei brogliacci dello sbobinamento delle intercettazioni agli atti, in realtà era stata pronunciata dall’ex onorevole Italo Bocchino, consulente del Romeo, riferendosi all’ex presidente del Consiglio e non a suo padre. Il secondo “falso”, è invece, quello relativo ad un presunto (inesistente) interessamento dei servizi segreti all’indagine, nonostante che il presunto “007” di cui il capitano Scafarto parlava nell’informativa, fosse stato identificato, ed altro non era che un semplice residente della zona.

Il capitano Scafarto dopo essersi avvalso legittimamente della facoltà di non rispondere nel corso del primo atto istruttorio, nello successivo ha scaricato ogni responsabilità sul pm John Henry Woodcock della Procura di Napoli sostenendo che “la necessità di dedicare una parte della informativa al coinvolgimento di personaggi legati ai servizi segreti, fu a me rappresentata come utile direttamente dal dottor Woodcock”, riportando nell’atto istruttorio le parole precise del pm napoletano: “al posto vostro farei un capitolo autonomo su tali vicende“.

Scafarto viene accusato di “falso materiale” e “fal­so ideologico” perché “nella qualità di pubblico ufficiale – si legge negli atti – redigeva un’inform­ativa nella quale, al fine di accreditare la tesi del coinvo­lgimento di personag­gi asseritamente app­artenenti ai servizi segreti ometteva sc­ientemente informazi­oni ottenute a segui­to di indagini esper­ite”.

“Ho cercato di darmi spiegazioni e posso pensare di avere avuto solo una prima versione del file, relativa al sunto e di avere utilizzato questa per la redazione dell’informativa. Era un periodo di forte lavoro – aveva confidato Scafarto –  legata alla necessità di chiudere l’atto prima della prima decade di gennaio quando era in programma un incontro tra la procura di Roma e Napoli”.  Quello che maggiormente sconcerta, è che ci sia però una falsa attribuzione anche dell’affermazione “il generale Parente (ex-comandante del ROS dei Carabinieri  n.d.r. ) è stato nominato all’Aisi da Tiziano Renzi, mentre la frase pronunciata in realtà era: “che l’ha nominato Renzi“, chiaramente riferito a Matteo che all’epoca dei fatti era il presidente del Consiglio.

E non è finita. Infatti il colloquio tra Alfredo Romeo e un suo collaboratore , nell’informativa del capitano Scafarto, diventa un vertice con il colonnello Petrella in servizio all’Aisi, sul tema delle intercettazioni ambientali, che all’epoca de fatti non erano neanche iniziate) solo perché il collaboratore ha un cognome molto simile a quello dell’ufficiale dei servizi segreti.

La vicenda che riguarda il pm napoletano  è arrivato davanti al plenum del Csm per iniziativa del pg della Cassazione Pasquale Ciccolo, titolare insieme al Ministro di Giustizia dell’azione disciplinare verso i magistrati, che ha contestato al pm Woodcock una sua intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica in difesa del capitano del Noe , e il quale è a sua volta fatto oggetto di critiche per una sua presunta amicizia con Matteo Renzi, figlio di Tiziano, l’indagato che avrebbe subito danni dagli errori dell’inchiesta Consip.

I pm hanno chiesto chiarimenti  al  colonnello Alessandro Sessa anche sul filone investigativo relativo alla fuga di notizie, nel quale sono indagati per rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento il ministro dello sport Luca Lotti, il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Gen. Tullio Del Sette e quello della Regione Toscana Gen. Emanuele Saltalamacchia. Secondo i magistrati romani il colonnello avrebbe mentito anche sulle date, come dimostrano le conversazioni Whatsapp ritrovate sul cellulare del capitano Scafarto , con le quali avrebbe informato in estate il comandante del Noe,  Generale Sergio Pascali,  mentre a verbale aveva dichiarato di averlo fatto dopo il 6 novembre, cioè pochi giorni prima della prima fuga di notizie sull’inchiesta Consip.

L’ex premier Matteo Renzi ha così commentato la vicenda sui socialnetwork : “Lo so, lo so. Oggi bisognerebbe dare sfogo alla rabbia. All’improvviso scopri che nella vicenda Consip c’è un’indagine per depistaggio, reato particolarmente odioso, e ti verrebbe voglia di dire: ah, e adesso? nessuno ha da dire nulla?  Tutti zitti adesso? I grillini cambiano idea sulla legge elettorale che loro stessi hanno voluto e votato. Sono passati due giorni e già hanno cambiato posizione? Due giorni! I commentatori che ti accusavano di voler fare tutto da solo oggi ti accusano di fare gli inciuci. Non commentano ciò che tu dici ma ciò che loro vogliono che tu dica. Verrebbe voglia di arrabbiarsi. Poi succede che un amico ti offre una birra su una terrazza fiorentina. E ti si schiude la meraviglia. Ti si allarga il cuore. La bellezza prende il sopravvento. E la rabbia la lasciamo a chi se la può permettere. C’è una frase di Alda Merini che dice: bastava la letizia di un fiore per ricondurci alla ragione. Basta la bellezza della città del fiore per abbandonare ogni sentimento di rabbia. La giustizia farà il suo corso, la legge elettorale passerà se ci saranno i numeri, i commentatori polemici riconosceranno la serietà del nostro comportamento. Basta sapere aspettare e noi non abbiamo fretta. Teniamoci la bellezza, lasciamo loro la rabbia e la polemica. Buon pomeriggio, amici!“.

 

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