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19 Aprile 2024 13:05
19 Aprile 2024 13:05

Il Tar accoglie il ricorso di Tempa Rossa contro il Comune di Taranto

di Valentina Taranto

Il Comune, aveva escluso dalla variante al piano regolatore del porto le due opere di Tempa Rossa con una delibera dello scorso novembre l’ allungamento del pontile petroli e costruzione di due serbatoi di stoccaggio, ma le compagnie petrolifere e l’Eni avevano quindi impugnato il provvedimento comunale, e i giudici amministrativi del TAR di Lecce  ieri hanno dato loro ragione.

Il Comune di Taranto ha perso la propria battaglia contro le operazioni previste da “Tempa Rossa“, il giacimento petrolifero della Basilicata delle compagnie Total, Shell e Mitsui e che  con la raffineria Eni, vuole  Taranto come proprio punto di approdo.  Il Tar di Lecce ha chiarito e definito  tre punti importanti nella propria sentenza: il primo punto è che l’ampliamento del pontile petroli era già previsto nelle intese del 2006 e del 2007 tra Comune ed Autorità Portuale e quindi ora non è possibile annullare il contenuto di quegli accordi senza un confronto preliminare ma sopratutto senza un dovuto contradditorio con le parti in causa; il secondo punto è che il Comune non è legittimato ad opporsi alla costruzione dei serbatoi di stoccaggio del greggio in quanto non non verranno realizzati nelle aree portuali ma bensì in quelle industriali della raffineria Eni; l’ultimo e terzo punto, che le compagnie petrolifere partners del progetto “Tempa Rossa” erano pienamente legittimate a poter fare ricorso, cosa che invece gli avvocati del Comune avevano opposto davanti al Tar.

CdG Tempa RossaProprio in merito alla legittimazione, la sentenza dice che “va respinta l’eccezione di carenza di legittimazione sollevata dal Comune essendo evidente l’interesse delle ricorrenti ad impugnare la delibera in quanto incidente non solo sull’intesa raggiunta tra l’ente locale e l’Autorità portuale, ma anche sulla possibilità per le società di realizzare il progetto con conseguente loro diritto di invocarne l’annullamento”.

Il Tar di Lecce ha poi fatto una chiara distinzione tra le opere ed ha deciso che solo per il prolungamento del pontile “può parlarsi di modifica unilaterale da parte del Comune” della precedente intesa sul porto,  invece per i serbatoi, è  stato effettuato soltanto un “indebito inserimento nella variante al Prg adottata nell’ambito del provvedimento volto all’approvazione del nuovo Piano regolatore portuale”.

Confutando l’intesa precedentemente raggiunta e quindi sbarrando la strada al pontile, il Comune di Taranto ha sostenuto dinnanzi al Tar di Lecce  che l’accordo non è irreversibile e le amministrazioni possono “sempre modificare, anche unilateralmente, la propria decisione sino alla definitiva approvazione del Prp”.  Il Tar ha confermato che un’intesa può essere ridiscussa, dice , ma “deve escludersi che tale possibilità possa essere esercitata unilateralmente, senza il rispetto di alcun onere procedimentale volto a garantire il contraddittorio degli altri enti parte dell’accordo. Se così si ragionasse, si finirebbe per privare di qualsiasi valore vincolante e quindi di utilità lo strumento dell’intesa”.

In merito ai due serbatoi di stoccaggio, il Tar di Lecce ha sentenziato che non solo “tali interventi non costituivano oggetto del nuovo Prp” aggiungendo che “l’ente locale  non aveva alcun titolo per inibire la realizzazione attraverso lo strumento adottato, a maggior ragione tenuto conto del fatto che nel provvedimento impugnato il Comune non ha evidenziato alcun profilo di contrasto di tali opere con l’assetto urbanistico del territorio di Taranto e che sulla compatibilità ambientale del progetto “Tempa Rossa” si era già espresso il ministero dell’Ambiente”.

Avendo quindi tutte le autorizzazioni in regola il progetto “Tempa Rossa” che prevede un investimento a Taranto di 300 milioni di euro,  con  il verdetto del Tar di Lecce è possibile un avanzamento all’avvio dei cantieri anche se il Comune di Taranto, a questo punto potrebbe fare opposizione al Consiglio di Stato. Mai come in questa situazione è il caso di dire “ai posteri ( cioè ai giudici n.d.a.) l’ardua sentenza

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