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29 Marzo 2024 11:13
29 Marzo 2024 11:13

Il problema dei social network : i “deep fake” ed il video falso postato da Donald Trump

L'ecletante fakenews negli USA che vede come vittima Nancy Pelosi la speaker della Camera, trova terreno fertile su Facebook. L'azienda di Mark Zuckemberg “sa che il video è falso” ma lo lascia online. A che fine?

ROMA – Uno spettro ha inseguito Hillary Clinton per tutta la campagna elettorale del 2016: quello di Bengasi. La città libica che agli occhi dei suoi detrattori  è diventata il simbolo di tutto il marcio rappresentato dalla candidata, diffondendosi sotto forma di teoria cospiratoria in grado di farsi meme. In realtà a distanza di anni Bengasi è diventato un esempio di offuscamento politico perfetto: il riferimento era agli attacchi contro soldati americani avvenuti tra l’11 e il 12 settembre 2012, che costarono la vita a quattro statunitensi, e per i quali vennero accusati  Barack Obama all’epoca Presidente degli Stati Uniti d’ America ed Hillary Clinton, suo Segretario di Stato .

Infatti nessuna indagine trovò e portò alla luce qualsiasi tracce di negligenza sul loro operato, ma la storia continuò a diffondersi, sospesa tra il vero ed il falso.

Lo stesso genere di “fake news” su Benghazi è ritornata in una sua applicazione e variabile più attuale, realizzata su misura dei social network ed i loro algoritmi. Questa volta al centro della questione c’è Nancy Pelosi, la speaker della Camera degli Stati Uniti , di origini molisane, un’altra donna avversaria di Trump,  e tra le persone che potrebbero mettere in moto la macchina dell’impeachment contro il presidente Trump. Da qualche mese i media si divertivano a notare quanto fosse facile per la Pelosi fare deragliare Trump, spesso costringendolo a scivoloni pubblici (come quella volta che gli fece affermare che lo shutdown del Governo sarebbe stata un’idea sua e solo sua, come se fosse un vanto).

Le cose sono cambiate la scorsa settimana, quando ha cominciato a circolare tra i circuiti della destra americana, un filmato  che è stato retwittato dal commander-in-chief in persona. E il video, pur essendo palesemente falso, è rimasto ancora lì, online su Facebook e Twitter, destinato a offuscare il nome di Nancy Pelosi nel suo futuro.

La versione originale del filmato mostra la speaker parlare al microfono, mentre  la versione proposta dall’amministrazione Trump, è stata invece rallentata abbastanza al punto tale da da farla sembrare un po’ ubriaca.

Un effetto video-digitale che era già venuto alla luce nell’esilarante spot Apple di Jeff Goldblum, modificato per farlo sembrare sbronzo, ma ecco che, nel 2019, fa tranquillamente capolino in un articolo sulla politica estera, a dimostrazione della squallida evoluzione dei nostri eventi.

Ormai non costituisce più notizia che un filmato contraffatto sia stato messo online, chiaramente non siamo così ingenui, così come non fa neanche notizia, purtroppo, che un presidente come Donald Trump l’abbia subito fatta propria e “legittimata” (a voler essere cinici). La vera novità e notizia è costituita dal comportamento social network, che sull’onda degli svariati scandali che hanno interessato Facebook e non soltanto, negli ultimi anni hanno avviato programmi contro le fake news. A metà maggio proprio Facebook ha presentato un report sulla trasparenza in cui ha confessato (senza vergognarsi dei precedenti omessi controlli) di aver cancellato in sei mesi 1,3 miliardi di account falsi e di bot . “Questo è solo l’inizio”, ha detto Guy Rosen, che si occupa di sicurezza per l’azienda: “Le persone possono segnalare molti più tipi di contenuti”.

Quando  l’ ex sindaco di New York Rudolph Giuliani ora avvocato di Trump, ha scoperto il video-fakenews della Pelosi e lo ha ritwittato, da quel momento il video è passato dal profilo “ufficiale” del Presidente Trump a quello della Casa Bianca (che lo ha persino ritwittato) e quindi migrato anche su Facebook, insieme alle strumentali dichiarazioni di Donald Trump su “Crazy Nancy” e la millantata (non reale)  follia della speaker della Camera degli Stati Uniti.

Se dovessimo dare credibilità  ai responsabili della sicurezza di Facebook, asterebbe segnalarlo e la clip sparirebbe dal social network,  ma  allora ci si chiede:  come mai quel video-fakenews è ancora online, visto che YouTube ha cancellato e rimosso immediatamente il contenuto? Facebook ha fatto quello che fa sempre in questi casi: spendersi in una spiegazione piuttosto contorta. Monika Bickert, che si occupa di counterterrorism per il social network, ha spiegato alla Cnn che l’azienda, cioè Facebooksa che il video è falso” ma che lo ha lasciato online, anche se “abbiamo drasticamente ridotto la circolazione di quel contenuto”. Incredibile se non paradossale il motivo? “Pensiamo sia importante che le persone possano decidere a che cosa credere”.

Difficile capire quante persone siano state danneggiate da quel video, ma Facebook li ha ignorati e calpestati tutti: sia chi trova inquietante quella millantata “riduzione” della diffusione del contenuto, e quelli che invece hanno a cuore… la realtà. E la correttezza dell’informazione.

Da mesi negli USA i repubblicani e la destra radicale americana denunciano un’ipotetica campagna di “silenziamento” politico parte di Facebook e Twitter, accusate di essere di sinistra. Una campagna è arrivata fino al Senato, e che riguarda molto da vicino i “trumpiani“. Se l’azienda agisse per cancellare quella che è palesemente una vecchia bufala propagandistica aggiornata ai tempi nostri, paradossalmente farebbe un assist alla Casa Bianca,  dimostrando in qualche modo le sue paranoie di censura. Ma forse questa è l’ultima cosa di cui Facebook ha bisogno, di questi tempi.

Una cosa è certa. Ormai bisogna credere solo a quello che si vede con i propri occhi. Di persona.

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