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19 Aprile 2024 03:23
19 Aprile 2024 03:23

Il Fondo Monetario Internazionale colloca l’ Italia fra i maggiori rischi globali

il Fondo Fondo Monetario Internazionale prevede una crescita dello 0,6% nel 2019, ben al di sotto dei conti del governo. "In Italia il rischio sovrano e quello finanziario aggiungono venti contrari alla crescita".

di Federica Gagliardi

Gita Gopinath

Gita Gopinath la nuova capoeconomista della Ricerca del Fmi  a poche ore dall’inizio del Forum economico mondiale di Davos presentando il rapporto ha evidenziato che  “In Europa continua la suspence su Brexit, e il costoso intreccio fra rischi sovrani e rischi finanziari in Italia rimane una minaccia“. Assieme a Brexit, la situazione finanziaria dell’Italia, è al primo punto fra i principali fattori di rischio globali indicati dal Fondo Monetario Internazionale nella versione aggiornata del World Economic Outlook.

Risolvere con la cooperazione, e velocemente, le dispute commerciali“: è l’imperativo, pronunciato da Gopinath, a margine del Forum economico mondiale, avvertendo dei rischi di una crisi finanziaria e di un’economia globale già indebolita dalla guerra dei dazi. Gopinath si è soffermata anche su Brexit: “è imperativo risolvere immediatamente” lo stallo, se non si viole continuare a creare incertezze che pesano sulla crescita. Tra i rischi per la crescita infatti vi è anche quello di un’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea in maniera disordinata. “Una Brexit senza accordo è uno dei maggiori rischi secondo le nostre previsioni», ha affermato la capo economista del Fondo monetario internazionale, sottolineando che questa eventualità potrebbe portare a un calo della crescita di lungo periodo del Pil tra i 5 e gli otto punti percentuali (in Gran Bretagna).

Al primo punto della sezione sui rischi globali, che evoca anche una Brexit senza accordo si legge  che “Gli spread italiani sono scesi dal picco di ottobre-novembre ma restano alti. Un periodo prolungato di rendimenti elevati metterebbe sotto ulteriore pressione le banche italiane, peserebbe sull’attività economica e peggiorerebbe la dinamica del debito“. L’analisi dei rischi prosegue poi con l’ipotesi di una “Brexit senza accordo dal carattere dirompente, con contagio all’estero, e un aumentato euroscetticismo intorno al voto europeo di maggio“. Rischi anche da una frenata peggiore del previsto in Cina, un’escalation commerciale, uno ‘shutdown‘ prolungato negli Usa.

Il Fondo Monetario Internazionale taglia nel 2019  la previsione di crescita per l’Italia allo 0,6% dall’1 di ottobre, mantenendola allo 0,9% per l’anno successivo. E’ quanto si apprende consultando l’aggiornamento del World Economic Outlook presentato a margine del Forum economico mondiale di Davos. Nel documento l’Italia viene indicata insieme alla Germania come uno dei fattori la cui frenata a fine 2018 ha fatto rivedere in peggio le stime di crescita per l’Eurozona e comportato un calo dell’euro del 2% fra ottobre e gennaio.

Christine Lagarde

L’allarme arriva dal direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, che facendo un’analogia con lo sci da fondo dove “è desiderabile avere visibilità, una leggera discesa, stabilità, pochi rischi e pericoli“, ha notato che oggi sciare è diventato più impegnativo invitando le autorità a “tenersi pronte se rischi dovessero materializzarsi”. L’economia globale fronteggia “rischi significativamente più alti, alcuni dovuti alle politiche” intraprese dai governi.  La Lagarde ha aggiunto:significa che una recessione globale è dietro l’angolo? No“. 

Il quadro delineato dall’aggiornamento del World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, presentato oggi prima del via al Forum economico mondiale indica una minore crescita per l’economia globale nel 2019 e 2020, e con più incognite fra cui una possibile escalation nello scontro Cina-Usa sui dazi e un ‘atterraggio duro’ dell’economia cinese.  Le nuove stime  prevedono una crescita globale del 3,7% nel 2018, come tre mesi fa, ma peggiorano il 2019 (3,5% da 3,7%) e il 2020 (3,6% da 3,7%).

Anche la situazione della Francia meno colpita dalla correzione delle stime (1,5 per cento invece di 1,6) è interessante in quanto si può già riconoscere un riflesso negativo “delle proteste di piazza“, una sorta di effetto “gilet-jaune”. L’Italia continua ad essere afflitta “dalla debolezza della domanda interna, dagli oneri più alti sul credito dovuti alle pressione ancora alte sui rendimenti dei titoli governativi”, mentre la Germania ha sofferto sia per i consumi e gli investimenti al palo sia per la nota revisione di alcune norme per le emissioni delle auto che hanno messo il freno all’industria trainante.

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