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16 Aprile 2024 07:07
16 Aprile 2024 07:07

E’ morto Sergio Marchionne

Dopo l'intervento alla spalla destra, a fine giugno, le sue condizioni parevano nella norma. Dieci giorni fa l'aggravamento per quelle che i sanitari hanno definito "complicanze postoperatorie". La situazione sarebbe precipitata all'inizio di questa settimana. L'amministratore delegato di Fca ha perso conoscenza.

ROMA – Doveva essere soltanto intervento alla spalla destra per Marchionne, che da perfetto manager pianificato il tutto, concedendosi una pausa di qualche giorno per poi tornare immediatamente al lavoro che amava. Invece purtroppo, Sergio Marchionne, 66 anni compiuti il mese scorso, si è spento all’ospedale universitario di Zurigo dove si era stato ricoverato il 27 giugno. John Elkann, presidente della holding Exor e della stessa Fca, ha espresso il suo pensiero in poche ma significative righe : “E’ accaduto, purtroppo, quello che temevamo. Sergio, l’uomo e l’amico, se n’è andato. Penso che il miglior modo per onorare la sua memoria sia far tesoro dell’esempio che ci ha lasciato, coltivare quei valori di umanità, responsabilità e apertura mentale di cui è sempre stato il più convinto promotore. Io e la mia famiglia gli saremo per sempre riconoscenti per quello che ha fatto e siamo vicini a Manuela e ai figli Alessio e Tyler. Rinnovo l’invito a rispettare la privacy della famiglia di Sergio“.

L’ultima uscita “pubblica” del manager italo-canadese era avvenuta due giorni prima del ricovero, a Roma, alla consegna di una Jeep all’Arma dei Carabinieri. Un’istituzione che amava, essendo stato figlio di un maresciallo capo dell’ Arma, e cresciuto nel soldo degli ideali di lealtà e legalità che hanno accompagnato tutto i suo percorso professionale. Marchionne era già affaticato, secondo chi lo ha visto quel giorno, e ricorda che parlava con difficoltà. Ma per lui, figlio di carabiniere, quell’appuntamento era irrinunciabile.  “Mio padre era un maresciallo dei Carabinieri. Sono cresciuto con l’uniforme a bande rosse dell’Arma e ritrovo sempre i valori con cui sono cresciuto e che sono stati alla base della mia educazione: la serietà, l’onestà, il senso del dovere, la disciplina, lo spirito di servizio”. È stato di fatto l’ ultimo saluto di Sergio Marchionne.

Il gruppo Fca in un comunicato ufficiale diffuso sabato pomeriggio, aveva annunciato che le sue condizioni di salute erano gravissime: “Non potrà riprendere la sua attività lavorativa“, si leggeva nella nota. Successivamente sono emerse informazioni che hanno spiegato che dopo l’intervento alla spalla subito il 28 giugno, Marchionne, aveva subito delle inattese gravissime complicazioni, che lo avevano portato da venerdì scorso ad uno stato di coma irreversibile.

Sergio Marchionne era nato a Chieti, in Abruzzo, nel 1952. Suo padre, maresciallo dei Carabinieri,  e la madre Maria Zuccon di origini dalmate, dopo la pensione per cominciare una nuova vita si trasferirono in Canada . Marchionne prese tre lauree, in Economia, Filosofia e  Giurisprudenza conseguendo anche  un master in Business Administration.  Nel 1985 diventò dottore commercialista e dal 1987 anche procuratore legale e avvocato (nella regione dell’Ontario) .  Il giornalista Giorgio Dell’Arti nel 2011 descrisse così  i suoi inizi, riportati da una brillante biografia  : “Quando ho iniziato l’università, in Canada, ho scelto filosofia. L’ho fatto semplicemente perché sentivo che, in quel momento, era una cosa importante per me. Poi ho continuato studiando tutt’altro e ho fatto prima il commercialista, poi l’avvocato. E ho seguito tante altre strade, passando per la finanza, prima di arrivare a occuparmi di imballaggi, poi di alluminio, di chimica, di biotecnologia, di servizi e oggi di automobili. Non so se la filosofia mi abbia reso un avvocato migliore o mi renda un amministratore delegato migliore. Ma mi ha aperto gli occhi, ha aperto la mia mente ad altro“.

Nel 2002 era arrivato al vertice della società  della Sgs a Ginevra in Svizzera, società leader dei sistemi di certificazione, che aveva fra i principali azionisti di controllo proprio  la famiglia Agnelli ed è in Svizzera che Marchionne imbastì una rete di relazioni che nella vita contano non poco. Nel 2004 arriva la nomina a Ceo. Marchionne, si presentò alla stampa in giacca e cravatta (come non avvenne poi praticamente mai), insieme al nuovo vertice del gruppo Fiat: il presidente Luca Cordero di Montezemolo e il vicepresidente John Elkann, che all’epoca aveva da poco compiuto 28 anni.

Le prime parole che Marchionne pronunciò quel giorno furono queste: “Fiat ce la farà; il concetto di squadra è la base su cui creerò la nuova organizzazione; prometto che lavorerò duro, senza polemiche e interessi politici”. la società del Lingotto era in quel momento vicina al fallimento con un debito “convertendo”, concesso dalle banche creditrici, che poi si rivelò decisivo. Un prestito che, senza l’ immediato cambio di rotta apportato da Marchionne ad un’azienda che perdeva più di due milioni di euro al giorno, avrebbe di fatto ceduto il controllo della Fiat alle banche. Ma tutto ciò grazie a lui non avvenne.

Marchionne iniziò immediatamente a lavorare “duro” , persino nei weekend nello stabilimento di Mirafiori pressochè deserto. In un’intervista nel 2011 rilasciata ad Ezio Mauro all’epoca direttore del quotidiano La Repubblica disse: “Mi ricordo i primi 60 giorni dopo che ero arrivato qui, nel 2004: giravo tutti gli stabilimenti e poi, quando tornavo a Torino, il sabato e la domenica andavo a Mirafiori, senza nessuno, per vedere le docce, gli spogliatoi, la mensa, i cessi. Ho cambiato tutto: come faccio a chiedere un prodotto di qualità agli operai e farli vivere in uno stabilimento così degradato?

Tra le sue frasi più celebri:La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo. La collective guilt, la responsabilità condivisa, non esiste. Io mi sento molte volte solo“. Un’altra: “La lingua italiana è troppo complessa e lenta: per un concetto che in inglese si spiega in due parole, in italiano ne occorrono almeno sei“.

Sergio Marchionne e John Elkann

Nel 2017 aveva annunciato la sua uscita di scena da Fca. Dopo aprile 2019 infatti sarebbe rimasto soltanto presidente della Ferrari, società che nel 2014 aveva assunto la direzione dopo essere stata guidata per oltre 20 anni daLuca Cordero di Montezemolo .Una svolta inattesa, non senza un durissimo braccio di ferro tra i due managers che si concluse con l’estromissione del top manager pupillo dell’ avvocato Gianni Agnelli, che aveva rilanciato il marchio portando alla vittoria  nel campionato di Formula Uno nel 2000 il Cavallino Rosso di Maranella. Una vittoria che lasciava presagire la quotazione della Ferrari alla Borza di Wall Street a New York, negli Stati Uniti. Ma in Borsa arrivò  va una quota minoritaria, il 10%, della Casa di Maranello, mentre l’80% resta ai soci Exor, la società holding “cassaforte” della famiglia Agnelli di cui è stato vicepresidente non esecutivo, mentre il restante 10% a Piero Ferrari, figlio del mitico Enzo fondatore della casa di Maranello.

Negli ultimi giorni Marchionne è stato assistito dalla compagna Manuela e dai due figli, Alessio Giacomo e Johnatan Tyler. Già sabato scorso i consigli di amministrazione hanno nominato i suoi successori. In quel giorno, quando si è capito che le sue condizioni di salute erano ormai disperate, Marchionne è stato sostituito negli incarichi da Mike Manley  uno dei suoi principali collaboratori che per un destino assurdo proprio oggi debutta davanti ai mercati come nuovo amministratore delegato, presentando i risultati semestrali del gruppo Fca. Gli ultimi raggiunti sotto la guida di Marchionne. Che tutti rimpiangiamo.

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