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28 Marzo 2024 14:28
28 Marzo 2024 14:28

Affari nel Web e fisco. “Dopo Apple, procediamo contro Facebook, Google e Amazon” annuncia Greco il procuratore di Milano

Nel corso dell' audizione alla Commissione Industria e Finanze del Senato, il procuratore capo della procura di Milano, parla della tassa da imporre alle multinazionali del web e fa la situazioni sulle inchieste fiscali aperte

ROMA – Il  Procuratore capo di Milano, Francesco Greco, in audizione alla Commissione Industria e Finanze del Senato sul ddl di regolamentazione fiscale delle attività delle multinazionali del digitale, ha reso noto che “alla Procura di Milano abbiamo avuto un procedimento nei confronti di Apple che si è definito” informando che  l’azienda Usa “ha pagato 310 milioni di  euro“. aggiungendo che al momento vi sono dei  “procedimenti aperti nei confronti di Google, Amazon e Facebook”.

Greco ha spiegato inoltre che sono presenti  “enormi problemi in sede di accertamento ed investigazione” nei confronti di queste multinazionali e “la Guardia di Finanza ha indicato alcuni di questi problemi”.  Aggiungendo che tutti i gruppi “che abbiamo investigato hanno aderito all’accertamento fiscale e questo è significativo del fatto che qualche problema loro ce l’hanno quando si muove il fisco“, ha spiegato il Procuratore capo di Milano.

Per poter valutare quanto vale il mancato rapporto tra autorità fiscali nazionali e giganti del web è necessario riprendere i dati presentati da Alberto Zanardi Consigliere dell’Ufficio parlamentare di bilancio, sul tema in una recente audizione informale. Zanardi  ha concentrato la sua attenzione sul mercato della pubblicità digitale, una prateria da 36,4 miliardi di valore in Europa (un terzo della spesa pubblicitaria complessiva, dato 2015). Un mercato che  nello stesso anno in Italia, ha costituito il secondo canale in termini di rilevanza, raggiungendo 1,66 miliardi (22,5 per cento del totale). L’Authority dei conti pubblici ha riconosciuto che il settore è fortemente concentrato: ai soli Google e Facebook fa capo la metà del mercato. E qui emergono i problemi: nel 2015, “i ricavi generati da Google nel nostro Paese sono stimati in 637 milioni a fonte di 67 milioni risultati dal bilancio di Google Italia. La differenza è ancora maggiore per Facebook : rispettivamente 233 milioni contro 8 milioni”, ha aggiunto Zanardi.

Nel caso di Google “i ricavi che si stima originino in Italia rappresentano il 2,4 per cento del mercato europeo, quelli riportati nel bilancio di Google Italia sono lo 0,3 per cento. Per Facebook la divergenza è anche più importante con il 2,8 per cento di ricavo geografico contro lo 0,1 per cento di ricavo di gruppo”. Insomma, per i libri contabili i ricavi si spostano laddove vengono meno tassati. E l’esito (con relativo sconto) è presto detto: sempre in base alle “informazioni disponibili relative al 2015 è possibile valutare per i due” colossi del web “qual è il peso fiscale effettivo gravante sugli utili che, si stima, originino in Italia: l’aliquota effettiva è del 23,9 per cento per Google e del 18 per cento per Facebook, contro un’aliquota (IRES più IRAP) che in Italia era del 31,4 per cento”.

Fronteggiare l’elusione fiscale delle multinazionali attraverso “la tracciabilità dei flussi finanziari, delle merci, dei bit” nello stesso tempo per “varare una normativa seria che incentivi l’uso della moneta elettronica e che ponga fine all’uso del contante in Italia“, ha aggiunto il procuratore Greco. “La tracciabilità delle merci ha due punti di controllo che sono le dogane e i magazzini di stoccaggio che sono verificabili” mentre “la tracciabilità dei bit implica la collaborazione dei gestori“, ha illustrato Greco.

Il profitto di questi gruppi non è allineato a quella dei normali commercianti“, ha ricordato Greco, spiegando poi che gli “accertamenti” come quello su Apple, “ha riguardato solo la grande distribuzione” e “non le transazioni retail online che sono il 50% del ricavato” di questi colossi del web perché ci sono “grandi problemi in termini di accertamento“. Il Procuratore capo di Milano ha concluso sottolineando che “nel mondo non è stata ancora trovata una soluzione omogenea” nell’affrontare la tassazione sul web, evidenziando anche la concentrazione di potere che hanno queste grandi multinazionali. E quindi in un quadro più ampio ha spiegato che il problema va affrontato “sotto il profilo dell’antitrust, della fiscalità e della tutela dei dati che vengono raccolti”.

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